Da bambina potevo rimanere lunghissimi minuti a tracciare
con le dita linee irregolari lungo i bordi dei libri ingialliti della piccola
libreria che mio padre teneva in corridoio.
Era un risalire, tra i granelli di polvere, la vita di ogni
libro, assaporandone l'odore per scoprire che ognuno di essi ne aveva uno peculiare, fatto del proprio tortuoso percorso esistenziale.
Il profumo dei libri, l’odore degli scaffali.
Vaniglia, fiori, profumo di mandorle. E' l'insieme di una
sensibilità a fior di pelle, misteriosa, che parla di tempo, memoria e amore,
contenuti nelle avventure che si svelano tra le righe, dove ogni parola
rappresenta una versione nuova e singolare di sentimenti e un vissuto fatto di
mancanze e di assenze.
Ho da sempre amato smisuratamente i libri.
Amo toccarli, odorarli, tenerli tra le mani, sul mio
comodino; mi piace guardarli illuminati dalla lampada del mio soggiorno, mi
inebrio nell'ammirarli tutti lì insieme, tra le mensole della mia libreria, uno
vicino all'altro...mi piace pensare che riposino dopo la fatica di
aver regalato parole a chi ne aveva bisogno, o a chi le cercava per dare un senso a qualcosa che apparentemente non lo aveva.
E' un dialogo continuo, quotidiano: il termine della
lettura non costituisce l'interruzione del rapporto con ognuno dei miei
libri...continuano a vivere, a parlarmi, a consolarmi, a darmi protezione.
I libri sono un luogo leggendario, mitico, un luogo che sa di fuga, che sa dire molte cose, come il posto esatto attraverso il quale ci giunge il mare che mi circonda.
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