domenica 17 aprile 2022

La Pasqua

Mi piacciono le vetrine dei negozi decorate con uova pasquali dai colori pastello. Hanno i toni della primavera, manifestazione gioiosa di una rinascita perpetua che tutto rinnova costantemente.

Quando ero bambina della Pasqua mi piaceva quel senso di passaggio da uno stato all'altro, quelle ombre che si trasformavano in luce e quel sentimento funebre di perdita che preannunciava una festosa serenità. 

Mi sono sempre immaginata una persona di passaggio: di passaggio quando lavoravo in ufficio; di passaggio quando studiavo all'Università o con le amiche o quando andavo a ballare. Pervasa da quel senso di precarietà permanente per il quale non mi sono concessa quel restare, quel dire: sono qui! Ci sono! 

Fin da piccola pochi sono stati i luoghi o le situazioni nei quali rimanevo, ferma nell'autentica espressione di me. 

Uno di questi era il negozio di frutteria dei miei nonni.

Posso affermare con certezza che quel negozio fu il primo luogo che vidi immediatamente dopo l'ospedale in cui nacqui, perché fu il primo posto in cui mia mamma mi portò quando la dimisero dopo il parto. E lì passai tutti - e dico tutti - i giorni della mia vita fino ai 35 anni, quando venne chiuso. Rappresentò lo spazio privilegiato del mio stare al mondo, che proprio lì appresi: dalle storie della gente, dalla sapienza contadina di mia nonna, da quell'esigenza di essere regina di mia madre, dalla partecipazione, seppur silente, di mio padre, da quell'infantile irresponsabilità di mia zia. 

Lì ero e lì potevo essere. E lì la Pasqua - che aveva inizio già una settimana prima del giorno deputato dal calendario - la trascorrevamo a preparare vetrine decorate con frutta fresca e colorata di stagione, con uova pitturate in bella vista, con minestroni abbondanti e bevande fresche. E i giorni del giovedì e del venerdì santo, con quel senso diffuso di raccoglimento e offuscata tristezza, erano il preludio di quel trionfo di sapori e cupidigia, pronti a rinascere nella libertà della propria essenza, con popolare gioiosa autenticità. 

Ricordo, oggi, con nostalgia, quella spontanea ruolizzazione tribale, che era tutta la mia famiglia e quella Pasqua rappresentava l' occasione di confermare ogni volta  la mia appartenenza. 

Adesso che, attraverso lo spazio incantato e silenzioso della scrittura, riesco ogni momento a evocare quella vivida partecipazione, permettendomelo tutte le volte che necessito, mi godo la forza creativa del mio stare in bilico, fluttuando nella delicata sospensione che tratteggia i


momenti della mia vita. 




Nessun commento:

Posta un commento