martedì 15 marzo 2022

A lezione di tamburo II

Ieri pomeriggio ho suonato. 

Ho suonato senza spartito, cioè senza quella scrittura che viene prima. 

Ho suonato inseguendo una me stessa di cui ancora non conosco la voce. 

Sorridevo mentre suonavo. Il sorriso con gli occhi, avrebbe detto mia madre.

Eravamo in semicerchio, a stento ci guardavamo, così prevalentemente immerse nel nostro personale canto. Ci ascoltavamo, tuttavia. E sentivamo come la musica ci permettesse parole nuove pronunciate a voce alta, senza giudizio e senza paura. 

Mi piacerebbe portare questa esperienza con me e questa emozione di sorpresa che sempre accompagna una espressione pura, autentica; una delicata operazione, nella quale la sensazione tattile della mano sul legno del tamburo diviene uno strumento capace di generare suoni e ritmi prima ignorati. Tali suoni hanno un linguaggio privilegiato, luogo di convivenza di diverse modalità comunicative, il cui  messaggio vive di sottintesi, di parole che hanno una sostanza energetica, una connessione intima, profonda con l'altro. Si scopre


una parola poetica che nasce da un'alchimia tra la dimensione conscia e razionale e quella inconscia, capaci ambedue di integrarsi nella cornice di una esperienza riparatrice, che evoca una presenza dove prima c'era una assenza dolorosa. 

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