L'aroma del caffè caldo raggiunge le mie narici.
Si può tornare indietro in un istante e rimanere in contatto con ricordi antichi, lasciati andare nello spazio vacuo della memoria, per mantenere una connessione con la propria storia personale.
Ogni mattina mio nonno - in quell'arco temporale iniziato dalla nostra infanzia e terminato nella tarda adolescenza - aveva la consuetudine di preparare il caffè per tutta la famiglia. O meglio, aveva inaugurato una ritualità legata al caffè, una cerimonia semplice che creava connessione e appartenenza.
Ogni giorno, di prima mattina, dopoché il caffè, borbottando nella caffettiera, usciva profumato e bollente, aveva l'abitudine di versarlo in un bricco di vetro, che ne conservava la fragranza e il calore. Dopo lo collocava sul tavolo in cucina a disposizione di tutti, creando, al nostro risveglio, un'atmosfera accogliente di famiglia.
Il sole filtra attraverso le tende, un'alba tenue ci invita a svegliarci. L'aroma del caffè di mio nonno riempie la cucina e segna l'inizio della narrazione della giornata di tutti noi.
Quel primo caffè della giornata era un rito d'amore creato da mio nonno quale un atto di devozione che rafforzava i legami, esprimendo l'amore e invocando la felicità.
Il profumo della caffè, il suono della moka hanno rappresentato per moltissimi anni il mio risveglio e hanno contribuito a dare forma e senso al mio rapporto con il sacro e con il mondo. I gesti ripetitivi e rassicuranti di mio nonno
mi hanno trasmesso credenze e valori e hanno permesso che le storie delle vite di tutti noi venissero unite da un atto magico di vita e abbondanza.
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