Recentemente ho visto un film che non conoscevo, Tortilla Soup. Una commedia del 2001.
Un padre vedovo, tre figlie femmine. Una famiglia di origine messicane negli Stati Uniti.
Il film è giocato tra le narrazioni delle vicende intime di un microcosmo familiare, che vive lo scontro tra l'integrazione nella società ospitante e il rispetto per la cultura di origine, entro una cornice di ricette, colori, musiche che ci rimandano a una dimensione esotica e caraibica.
Conversazioni familiari che nascono attorno a una tavola imbandita, resa preziosa da succulenti pietanze che attivano la vista, il gusto, l'olfatto. Ogni ricetta racconta il suo legame con la cultura di origine.
Ed ecco i piatti dedicati agli avocado, indispensabili per la preparazione del guacamole; o ancora la sopa del flor de calabaza, i nopales, il pollo pibil...una coinvolgente esaltazione dei sensi, in cui anche lo spettatore si trova trasportato. Un'allegra tavola, rinnovata quotidianamente, che introduce in una fantasiosa danza del piacere.
Un viaggio, dunque, attraverso i sensi, che, tuttavia, mostra anche l'opposto lato della medaglia, attraverso la figura del papà, competente chef, che, però, ha perso il senso del gusto, e che, quindi, non è più capace di distinguere amarezza, dolcezza, sapidità delle pietanze che prepara.
Attorno al cibo, attorno a una tavola si discute, ci si innamora, si rinnovano i riti, le tradizioni di una famiglia: è il luogo della condivisione, una scatola entro cui le individualità si ritrovano e interagiscono.
Ho provato a scavare, dentro me, all'interno del tracciato delle parole tra dentro e fuori, tessendo un filo che mi riconducesse all'interno delle narrazioni familiari, intime. Ed è stato un tripudio di ricordi, che si rinnovano inaspettatamente al profumo di un pomodoro maturo, o dell'origano lasciato seccare al sole, o anche di un pasticcino alla crema. E' stato un poco mettere ordine all'interno di una memoria familiare, che è anche appartenenza socio-culturale. Una memoria autobiografica attraverso cui gli eventi sono vissuti attraverso la relazione con il sé, l'altro e il contesto. Un recupero, divertente e poetico, di tale memoria, attraverso i sensi, c
he mi ha riportato al valore delle cose, attraverso una narrazione che mette in scena il gesto semplice.
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